FILIPPO LOVOTTI (quarta scientifico)
In questi giorni di Covid19 mi rendo conto che un adolescente ha davanti a sé due strade: il confortevole vicolo cieco di chi attende solo il ritorno alla vecchia routine ed il cammino faticoso, in salita, di chi pretende di essere felice perfino adesso.
La scelta è difficile però, poiché in quarantena, senza la presenza fisica di amici e professori, le forze spesso mancano, e le gambe stanche di camminare da sole fanno vacillare l'impegno e la forza di volontà degli studenti che, in isolamento, non trovano stimoli. Ci troviamo a vivere un’esperienza obiettivamente difficile perché priva di molti elementi utili e positivi, che sostenevano le nostre giornate e la nostra quotidianità anche scolastica; tuttavia non posso dire che questa situazione sia completamente negativa. Ora, infatti, siamo tutti più coscienti, anche quelli che tra di noi vivevano la scuola con più fatica, di quanto siano importanti e belle le lezioni, i rapporti tra noi compagni e la vicinanza dei professori.
Un grande aiuto e sostegno è offerto dalle video lezioni, che ci permettono comunque di vivere giornate in cui imparare, di non perdere tempo, di risentire gli amici e i docenti, in una forma nuova e che ci interpella ad una maggiore responsabilità.
Questa situazione è stata necessaria per far emergere il profondo bisogno di benevoli guide, ma ci provoca anche ad altro: il presente, che costringe a proseguire più soli, porta ogni studente al punto in cui deve decidere se svilirsi (ma solo ai propri occhi) imboccando comode scorciatoie, o se continuare comunque il difficile percorso. Io ho accettato la sfida, e continuo a cadere, ma sorridente, perché sto dimostrando, a me soltanto, resilienza e resistenza alle facili tentazioni. È stato proprio il timore di passare tutte queste settimane in uno stato di paralisi apatica, di immobile attesa, che mi ha aperto gli occhi. Ora, guardandomi intorno, non vedo quattro mura, ma il mondo che racchiudono: in casa posso disegnare, posso scrivere, posso suonare, posso imparare a fare tutto questo ed altro ancora. Non c'è bisogno di uscire per volare nella "China Town" di Caparezza, serve solo la vitalità necessaria a staccarsi dal cellulare, vero e proprio buco nero.
Aprire la porta di casa allo stupore lasciando fuori l'accidia è vitale, perché solo così diventa evidente che in questi giorni di Coronavirus, nonostante tutto, un adolescente ha davanti a sé infinite possibilità.
CAMILLA CORTI (quarta classico)
Giorni sospesi: ecco come chiamerei questi giorni e come mi fanno sentire. La sola quotidianità che mi è rimasta sono le lezioni scolastiche giornaliere che seguo da casa. Danno un senso di sicurezza; sono un rituale che mi fa sentire “appartenente”. Le mie giornate in questo lungo periodo sono state riempite da un senso di smarrimento. Mio padre è stato ricoverato per il Covid-19 e tutto ciò ha stravolto la mia vita e quella della mia famiglia. Le lacrime, quasi per dispetto, si sono rivolte verso l’interno, quasi a volermi annegata dai sentimenti. La scuola è stata, ed è fondamentale per la mia “distrazione”. Tutti i giorni con i miei compagni preparo compiti assegnati in videochiamate infinite, ed ecco che così il lavoro diventa ancora vicinanza, risata, fatica, gioia, dolore condiviso. La scuola mi ha permesso di sentirmi forte in un momento di fragilità e di sentirmi parte di un gruppo che cammina con me. Ho capito che l’andare a scuola non è solo per riempire vuoti, né per focalizzarsi esclusivamente sulla didattica o su un voto, nemmeno per sapere dove arrivano le mie capacità, ma in questi giorni per me è davvero uno scambio vicendevole, un tenersi per mano a distanza, una comprensione che fa sì che “ciò che sono io sei anche tu”. Ecco, per me, il senso di questo apprendere, dal latino “ricevere”, “tenere a mente”, e del correggere, che è davvero atto di guidare, di reggere, più profondamente sorreggere. Questa è la mia scuola, i miei compagni, i miei insegnanti che mi accompagnano ogni giorno in questo mio tempo presente, mio tempo nuovo, mio tempo diverso.